•Domenica 14 dicembre alle 18.30.
Are you ready? Arcipelago Jazz riparte con Are you reading?, la rassegna dove le parole respirano jazz.
• Il jazz, con la sua vibrazione narrativa e allusiva, incontra la prosa sospesa di Murakami in “Ritratti in jazz”. Igor Ebuli Poletti attraversa l’immaginario murakamiano accompagnato da Giancarlo Tossani al pianoforte, Loris Leo Lari al contrabbasso, Massimiliano Milesi al sax. Non semplice sottofondo, ma un intreccio in cui musica e testo si illuminano a vicenda, in cui parola e improvvisazione dialogano. Il percorso tocca le molte geografie del jazz — da Mingus a Bill Evans, da Billie Holiday a Coleman, da Ellington a Monk — creando un racconto in cui la musica non accompagna: respira, trasforma, apre porte.
CIRCOLO ARCIPELAGO - Via Speciano 4, CREMONA
Ingresso con tessera arci 2025/2026
tel 366 196 0679 •
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• C’è una vibrazione particolare nel jazz, una vibrazione che sembra nascere già carica di narrazione. È un fraseggio che parla per ellissi, sottrae più che aggiungere, e tuttavia racconta mondi. È lo stesso passo quieto e febbrile della prosa di Haruki Murakami: una scrittura che si alza come un fumo blu da un locale sotterraneo, è notte da qualche parte, e da qualche parte c’è un uomo che ascolta un disco mentre la realtà, impercettibilmente, si scolla dal suo asse. Ritratti in jazz nasce da qui: dal dialogo tra letteratura e improvvisazione, tra voce e respiro, tra pagina e assolo. Igor Ebuli Poletti attraversa i testi murakamiani come fossero stanze comunicanti di un unico, grande appartamento sonoro, mentre attorno a lui prende forma un trio di rara sensibilità: Giancarlo Tossani al pianoforte, architetto lirico e imprevedibile; Loris Leo Lari al contrabbasso, pulsazione calda, materica; Massimiliano Milesi al sax tenore, narratore parallelo, pronto a insinuarsi tra le frasi con una luce obliqua e intermittente. Non un semplice accompagnamento, dunque, ma un’intersezione: le parole diventano ponti, la musica un paesaggio in movimento. A guidare il viaggio è una mappa jazzistica che è anzitutto un alfabeto emotivo. Si passa dalle profondità ribollenti di Mingus (A Foggy Day) all’eleganza sospesa di Bill Evans (Waltz for Debby, My Foolish Heart), dagli abissi intimi di Billie Holiday (When You’re Smiling, Lover Man, Strange Fruit) alla frontiera aperta di Ornette Coleman (Lonely Woman). E ancora: la regalità malinconica del mondo ellingtoniano (All Too Soon, Satin Doll, Rocks On My Bed, Solitude, In a Sentimental Mood), il tocco urbano di Horace Silver (Song for My Father), l’ironia danzante di Fats Waller (Jitterbug Waltz), l’equilibrio cameristico del Modern Jazz Quartet (Django, Concorde). A queste geografie si affiancano i paesaggi più rarefatti di Herbie Hancock (Maiden Voyage) e il labirinto geniale di Thelonious Monk – ’Round Midnight, Blue Monk, Epistrophy, Misterioso – cardini sonori che illuminano e scardinano, come certi passaggi di Murakami in cui ciò che è familiare si incrina, diventa porta. Il risultato è un racconto in cui il jazz non commenta: dialoga. Si insinua nei silenzi, accende dettagli, porta il testo a respirare un’altra aria. Come accade nei romanzi di Murakami, dove un vinile può cambiare la traiettoria di un’esistenza, qui la musica non accompagna ma esiste, sempre in modo diverso.
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