DONNA MEDITERRANEA | Event in Rome | AllEvents

DONNA MEDITERRANEA

Giovanna Canzano

Highlights

Thu, 15 May, 2025 at 04:00 pm

Galleria La Pigna

Date & Location

Thu, 15 May, 2025 at 04:00 pm (CEST)

Galleria La Pigna

Via Dei Cestari, 21, 00186 Roma Rm, Italia, Rome, Italy

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DONNA MEDITERRANEA
a cura di
Italo Abate e Maria Grotta
La ricerca è stata orientata sulle donne della storia mediterranea che hanno lasciato traccia di sé perché raccontate dal mito, o perché hanno assunto comportamenti e posizioni culturali che sono state annotate da Clio sulla pergamena della storia; la donna mediterranea ha una sua identità che la distingue dalle altre vissute in un contesto storico-territoriale diverso, sia per il ruolo svolto, sia per i costumi, sia per la sua sapientia al femminile, sia
per la capacità, tutta mediterranea, di tessere la tela (di Penelope).
Sono tantissime le donne che, pur non avendo scritto la storia, perché quest’ultima era fatta dagli uomini, hanno influenzato le decisioni assunte dal potere, o condizionato i costumi o le tradizioni, o fatto sorgere l’èpos, o perché hanno ispirato il mito che poi ha plagiato i costumi; tutte hanno svolto un ruolo, sono state protagoniste di un mondo lontano ma ancora vivo nella cultura mediterranea; molte poetesse e filosofe che appartengono
al mondo greco classico, dimenticate ed emarginate, sono state luminose protagoniste nella storia delle idee; quello delle donne filosofe è stato un universo femminile costellato di poesia e filosofia; poco noto nella storia scritta al maschile, ma donne densamente libere, indipendenti e raffinate; fiorite all’ombra del Partenone; filosofe e poetesse che hanno avuto l’ardire
di esprimere le proprie idee in un mondo in cui l’uomo era l’unico soggetto rappresentativo della società; anche esse hanno contribuito alla formazione della storia del pensiero.

Partecipa al dialogo con i curatori
Pasquale Pisaniello, docente e cultore di Lettere, Storia e Scienze religiose

GALLERIA LA PIGNA
Palazzo Maffei Marescotti, via Della Pigna, 13/a, Roma
15 maggio 2025 ore 16:00
d m

Postfazione

Italo Abate

Il racconto della donna mediterranea non si esaurisce con la presentazione delle diverse figurazioni già presentate, sia perché esse si riferiscono nello specifico solo ad un determinato periodo storico e ad una parte della mitologia, ma anche perché vi sono tante donne in ombra che la storia conosce ma che non tutti raccontano. L’insieme esposto è rappresentativo di quella immagine di donna mediterranea più nota, perché conosciuta dal mito, da eventi noti della storia o, anche raccontata in rappresentazioni cinematografiche (Elena di Troia, Cleopatra, …) in drammi lirici, operette, commedie o tragedie.
Ma se la tragedia greca ed il mito sono spazi molto ampi di rappresentanza della donna mediterranea, certamente non esaustivi, è sul piano storico, quello della realtà, ove sono presenti una moltitudine di donne che offrono la loro immagine mediterranea riccamente varia di diverse tipologie.
Dall’indagine è emerso comunque che molti comportamenti sono stati dettati più che da indole propria, natura o temperamento, bensì determinati dal periodo storico del momento; ovvero, costumi morigerati appartengono al periodo Grecia arcaica, della prima età della repubblicana romana fino al II secolo a.C. con l’avvento della luxuria asiatica; nella prima età repubblicana infatti è il comportamento virtuoso delle donne che è fondante dell’epos; si aveva bisogno di riferimenti virtuosi (le virtù di Cornelia), eroici, mitizzanti (il mito di Clelia) che fossero di riferimento all’affermazione dello stato repubblicano (il suicidio di Lucrezia). Dopo vi sono dei periodi in cui il campo dell’impegno femminile si dilata a seguito della cultura ellenistica ed abbiamo poetesse (Sulpicia) e filosofe (Ipazia) e immagini di donne lussuriose (Clodia, Sempronia), dai comportamenti libertini, di facili costumi; è il periodo della tarda repubblica; indi, in età imperiale, emergono soprattutto le auguste che presentano anche esse una immagine di donne di facili costumi, ambiziose (Livia, Agrippina Minore), bramosia di potere; poi, in età bizantina, alcune si fanno notare per il loro impegno evergetico verso la comunità cristiana.

Nella tragedia greca sono presenti donne mediterranee con una forte caratterizzazione passionale; la Clitennestra di Eschilo è infatti uno dei modelli rappresentativi della donna greca; lei è la sola donna eternamente viva tra tutte le donne che hanno tradito il marito (Tantalo) e poi ucciso il nuovo sposo (Agamennone); lei è la donna che mentre sta facendo un bagno con Agamennone ˗ lo avvolge in una veste chiudendolo come in una rete ˗ prima lo acceca e poi con il pugnale lo uccide; Clitennestra è la donna passionale e istintiva che, non usa sottilmente il veleno come in genere la letteratura e la storia propongono, ma utilizza il pugnale per scaricare tutte le violenze subite da Agamennone (uccisione di Tantalo e del proprio figlio sbattendogli la testa contro il pavimento, …).

Una figurazione di donna avida di vita e di amore è invece la Fedra di Euripide, che morendo di un impossibile amore incestuoso e adulterino ˗ anche se soltanto nei suoi pensieri ˗ provoca la rovina dell’uomo amato «Giuseppe Conte, Il mito greco e la manutenzione dell’anima,2021»; Seneca così descrive la sua passione rivolta a Ippolito (figliastro):

«Il nome di madre è troppo solenne e troppo austero. Al mio affetto si addice un nome più umile; chiamami sorella, Ippolito, o anche schiava, schiava piuttosto: ti servirò in tutto. Se mi comandassi di andare per le alte vette innevate, non mi dispiacerebbe salire sulle balze gelate del Pindo; se mi chiedessi di passare attraverso il fuoco e le schiere nemiche, non esiterei ad esporre il mio petto alle spade sguainate. Ricevi lo scettro che mi è stato affidato da tuo padre, prendimi come schiava: a te spetta comandare, a me ubbidire; non si addice a una donna difendere il regno di un uomo. Tu che sei nel primo fiore della giovinezza governa i cittadini con la forza e l’autorità di tuo padre, accoglimi supplice tra le tue braccia e proteggimi come una schiava. Abbi pietà di una vedova».

Fedra è anche essa la donna vendicativa che incarna il tormento, lo strazio di un amore non corrisposto; è la donna del mito greco talmente carica di passionalità tipicamente mediterranea tale da richiedere un amore incestuoso.

Donna greca è anche Antigone (Sofocle); è parte del mito greco, che combatte fino alla morte contro il potere dello stato e della legge per affermare la sua giustizia; è lei che si oppone all’autorità, alla insensibilità della legge e all’arbitrio delle istituzioni; è una donna coraggiosa, fiera, che lotta per la pietà religiosa; lei combatte per offrire una degna sepoltura al cadavere del fratello Polinice abbandonato ˗ per decisione di Creonte (lo zio) ˗ sulla piana della città di Tebe ad essere banchetto di uccelli e cani. Creonte incarna il potere, accecato dalla legge, che non gli fa vedere nella giusta dimensione la pietà di Antigone; pietà tutta femminile quella di Antigone che, pur di affermare i suoi sentimenti, si impicca, come la madre Giocasta; a lei seguirà per amore il suicidio di Emone, figlio di Creonte, suo promesso sposo, e di Euridice, moglie dello stesso Creonte. Antigone è la donna che lotta contro la giustizia degli uomini in onore del sentimento dell’amore e del sangue; lei è l’eroina della libertà, del coraggio, dell’amore, che incarna la giustizia e la pietà assertiva del sacrificio.

«Lei è la figura della donna più pura del dramma greco; è pura, intatta, altera; ella sacrifica tutto al suo dovere, anche la speranza più cara a una donna, la speranza delle nozze e della prole lei; è spietatamente forte».
(Raffaele Cantarella, Tragici greci, Eschilo, Sofocle, Euripide, 1992)

Un passo indietro nel tempo ci consente di ammirare poi una donna del mondo omerico che viene considerata un vero e proprio modello di comportamento della donna greca (ateniese):

Penelope
Lei è sintesi di bellezza, regalità, pudore, astuzia nonché simbolo della fedeltà coniugale femminile. È la rappresentazione di una inclinazione dell’anima ad avere certezze, a trovare un centro stabile, a non abbandonarsi, a non lasciarsi andare, un bisogno di intimità col tenersi stretto qualcosa: il focolare come tradizione, la casa come intimità, come continuità, sicurezza e tutela della famiglia. Il mito narra così di lei:

«Tela sottile, tela grande, immensa,
/ A oprar si mise, […] Intanto, /
Finchè il giorno splendea, tessea la tela
Superba; e poi la distessea la notte /
Al complice chiaror di mute faci. ... /
Così un triennio la sua frode ascose,
E deluse gli Achei. […]»
(Omero, Odissea, vv. 121-139).

Sul piano storico invece, tra le tante donne riteniamo che Clelia sia quella che merita di essere menzionata perché fugge dall’accampamento etrusco e rappresenta il coraggio della donna romana; è costitutiva dell’èpos dei romani; donna di virtù eroica.

Lucrezia (…-509 a.C.)
È invece la prima donna romana che si uccide per aver subito uno stupro; costituisce un momento di formazione, di origine dei mos maiorum romani. È il modello della positività domestica contro la dissolutezza dei latino-romani. È la donna che si ribella ad un atto di violenza con un altro atto di violenza. Tito Livio ˗ Ab Urbe condita libri, lib. I, capoverso 58 ˗ così descrive la scena:

«Alla vista dei congiunti, scoppia a piangere. Il marito allora le chiede: "Tutto bene?" Lei gli risponde: "Come fa ad andare tutto bene a una donna che ha perduto l'onore? Nel tuo letto, Collatino, ci son le tracce di un altro uomo: solo il mio corpo è stato violato, il mio cuore è puro e te lo proverò con la mia morte. Ma giuratemi che l'adultero non rimarrà impunito. Si tratta di Sesto Tarquinio: è lui che ieri notte è venuto qui e, restituendo ostilità in cambio di ospitalità, armato e con la forza ha abusato di me. Se siete uomini veri, fate sì che quel rapporto non sia fatale solo a me ma anche a lui. Sta a voi stabilire quel che si merita. Quanto a me, anche se mi assolvo dalla colpa, non significa che non avrò una punizione. E da oggi in poi, più nessuna donna, dopo l'esempio di Lucrezia, vivrà nel disonore! Io mi uccido perché il mio comportamento deve essere un modello etico per tutte le donne”.
Afferrato il coltello che teneva nascosto sotto la veste, se lo piantò nel cuore e, piegandosi sulla ferita, cadde a terra esanime tra le urla del marito e del padre».

La donna divenne il motore del cambiamento in quanto a seguito del suo gesto i Tarquini furono cacciati da Roma e si avviò la fondazione della repubblica romana (509 a. C.). I romani si porteranno avanti lungo tutta la loro storia il modello virtuoso di Lucrezia.

Sempronia (108/103 a.C.-…)
È un tipo di donna mediterranea diversa da Cornelia; lei è la moglie del console Decimo Giunio Bruto; è il simbolo della donna emancipata nella Roma del I secolo a.C.; rompe con il tradizionalismo; ebbe un ruolo nella congiura di Catilina (Sallustio, De Catilina coniuratione, C. 25).

«C'era tra esse Sempronia, che aveva spesso compiuto molti atti di virile audacia. Donna che, per nascita e per bellezza, e inoltre per il marito e per i figli, era stata assai favorita dalla fortuna; colta in lettere greche e latine, suonava la cetra, danzava con movenze più raffinate di quanto non si addica ad una donna virtuosa, e aveva molte altre attrattive, strumenti di corruzione. A lei, però, nulla fu meno caro del ritegno e del pudore; non era facile distinguere se fosse più generosa di denaro o di reputazione; così accesa di libidine che cercava gli uomini più di quanto non ne fosse cercata. Ma anche prima era spesso venuta meno alla parola data, aveva negato, spergiurando, i debiti, era stata complice di omicidi; bisogno di lusso e mancanza di mezzi l'avevano precipitata in rovina. Nonostante ciò, il suo ingegno non era spregevole; sapeva comporre versi, essere spiritosa, conversare in modo ora riservato, ora insinuante, ora licenzioso; insomma era una donna di molto spirito e di molta grazia».
Sallustio fornisce l’immagine di una donna con caratteristiche positive (intelligente, audace, colta, bella, raffinata e, in più, poetessa e spiritosa) ma anche capace di sedurre con la sua bellezza e con il suo spirito. Nello stesso tempo però non è la donna dei costumi e tradizioni romane (mos maiorum) preoccupata solo dei figli, del marito, della casa, della filatura e che non si ingioiella; non è la solita donna romana che rinuncia a tutti i piaceri della vita per immolarsi alla famiglia. Sempronia è una donna mediterranea che fa scandalo, che ama la seduzione come gioco della vita; desidera le avventure e il sesso, e non si vergogna di goderne. Era brava nel lusingare gli uomini, accendere in loro emozioni con frasi ricche di significati grazie alla sua cultura; era capace di eliminare le insicurezze degli uomini avvolgendoli nelle sue fantasie con parole dolci e attraenti.

Cornelia (189-110 a.C.)
È ancora una di quelle donne espressiva delle virtù romane; è la madre dei Gracchi espressione di costumi morigerati nei confronti del dilagante lusso della cultura ellenistica orientale; è la figura più autorevole di matrona romana per austerità e carattere. La storia la ricorda per la sua frase:
«Haec ornamenta mea» (Ecco i miei gioielli)

Azia (85 a.C.-43 a.C.)
È la tradizionale matrona romana, madre di Augusto e figlia della sorella di Caio Giulio Cesare (Giulia Minore). Viene ricordata da Tacito ˗ Dialogo degli oratori ˗ come simbolo di donne di una volta da sposare e da Giovenale (VI Satira) che la raffigura modello di madre ideale e come Aurelia madre di Cesare e la mitica Cornelia la madre dei Gracchi. Lei è la donna tipica dei mos maiorum attenta alla famiglia, al marito ed alla buona istruzione dei figli.

Sulpicia (…- I secolo a.C.)
È invece non una scienziata, una matematica o una filosofa; lei è una poetessa, una delle tante donne mediterranee che parla del suo amore, passione, desiderio per il suo amante; è la figlia di Servo Sulpicio Rufo, giurista e letterato, che faceva parte dell’entourage culturale di Cicerone e contemporanea di Tibullo. Sulpicia decanta un amore per un uomo di classe inferiore alla sua non ricambiato mostrando una personalità di poetessa emblematica, simbolica perché evidenzia l’uguaglianza sociale tra gli uomini. Ispirandosi alle poesie di Catullo, ha uno stile personale, ricco di pathos da cui affiora una donna tormentata per un amore irrealizzabile. La figura di donna mediterranea che emerge con Sulpicia è quella di una donna capace di affermare un concetto di uguaglianza nella tarda repubblica romana in cui le differenze tra le classi sociali erano ancora fortemente distintive.
Ecco come lei celebra l’amore appena arrivato che va dichiarato a tutti; è dolce peccare, fastidioso rimanere pudiche.

«Finalmente è giunto Amore, un tale Amore che, per la mia reputazione, sarebbe più vergognoso celare con pudore piuttosto che rivelarlo a qualcuno.
Persuasa dalle mie poesie, Venere citerea me lo ha portato qui
e lo ha deposto sul mio grembo.
Venere ha mantenuto le sue promesse: narri i miei piaceri d’amore colui che si dice sia privo dei propri.
Non vorrei mai affidare uno scritto a delle tavolette sigillate
perché nessuno mi legga se non il mio amante.
Ma mi piace trasgredire e mi annoia atteggiarmi a virtuosa:
possa io essere ricordata per essere stata degna con un uomo degno».
(Sulpicia, Elegia 13)

Clodia (Lesbia, 94 a.C.- post 45 a.C.-…)
Anche lei, bella nelle forme e nel volto, simbolo di donna spregiudicata nei costumi, disinibita, lussuriosa; aveva atteggiamenti libertini, similmente alle etere di età periclea di cui la più nota Aspasia, moglie di Pericle.
Clodia è il simbolo di una decadenza dei costumi romani repubblicani che cedevano il posto alla dilagante tryphé greca portata dall’ellenismo nella Roma del I secolo a.C.
È celebrata in maniera disincantata da Catullo:

Vivamus mea Lesbia, atque amemus, …

«Viviamo, o mia Lesbia, e amiamoci, e le dicerie dei vecchi severi consideriamole tutte di valore pari a un soldo. I soli possono tramontare e risorgere; noi, quando una buona volta finirà questa breve luce, dobbiamo dormire un'unica notte eterna. Dammi mille baci, poi cento, poi ancora mille, poi di nuovo cento, poi senza smettere altri mille, poi cento; poi, quando ce ne saremo dati molte migliaia, li confonderemo anzi no, per non sapere (il loro numero) e perché nessun malvagio ci possa guardare male, sapendo che ci siamo dati tanti baci».
Cleopatra (69-30 a.C.)
È sicuramente una di quelle donne che occupa un posto particolarmente storico nella figurazione dei tipi femminili mediterranei; lei è la donna mediterranea non bella, ma teatrale, di grande intelligenza; è ambiziosa e spregiudicata fino ad arrivare allo scontro con Roma coinvolgendo prima Cesare e poi Antonio nelle sue trame politiche per creare un impero dei Tolomei; forse è la prima donna con caratteri mediterranei sia per il fisico che per intelligenza, cultura, aspirazioni ma anche per lussuria e brama di potere. A Cesare si presenta avvolta in un tappeto da cui esce creando una visione; teatralità e coraggio della donna mediterranea disposta a rischiare tutto con una unica mossa audace. Una mente brillante. Dione Cassio così la descrive:

«Cleopatra era nel fiore degli anni. Aveva una voce deliziosa che non mancava mai di ammaliare chi la ascoltava. Il fascino della sua persona e della sua voce erano tali da prendere in trappola il misogino più gelido e convinto. Cesare ne rimase stregato nell’attimo stesso in cui la vide e lei aprì la bocca per parlare».

Cleopatra è la donna mediterranea che riesce a far sognare Cesare: una notte diceva che avrebbero potuto rivivere la gloria di Alessandro Magno e governare il mondo come divinità; e la notte seguente conversava con lui vestita da Iside; altre notti lo intratteneva con i piaceri più decadenti personificando l’esotismo orientale; Cleopatra amava vivere la vita come un gioco senza fine, una sfida non minore della guerra i cui amanti erano le sue pedine.
Quando Cesare fu assassinato lei lo sostituisce con Antonio, uno dei triumviri; ad Antonio essa si presenta nelle vesti di Afrodite, ornata di gioielli e profumi con una carica di erotismo (Plutarco, Vita di Antonio, 26) con la stessa teatralità che aveva inscenato per Cesare; lo accoglie a Tarso comparendo sul fiume Cidno su una magnifica chiatta d’oro con vele purpuree, vogatori accompagnati da una musica dolce e tutt’intorno alla barca giovani fanciulle vestite da ninfe e personaggi mitologici. Lei era seduta sul ponte, figurante Afrodite, circondata da cupidi che le facevano vento. Antonio ne subisce il fascino e lei lo asseconda in tutte le sue debolezze e lo rende suo schiavo.
Emerge dalla teatralità della donna il suo potere di seduzione, la sua capacità di far impazzire uomini della storia ˗ Cesare e Antonio ˗ che videro una donna che si trasformava continuamente, che era capace ogni giorno di fare spettacolo da sola. Il suo aspetto sembrava un superbo trionfo dell’arte. Era il tipo di donna che disprezzava gli uomini che ingannava. Abiti, trucco, voce, parole, drammaticità nei comportamenti, distaccata o carica di ira; era sempre lei a condurre il gioco offrendo piaceri, avventure e illusioni; cioè realtà e sogno, miraggi e verità.
Anche la sua morte è teatrale, quando l’aspide nascosto in un cesto di fichi la morde sul seno, lei sorride con dolcezza al veleno che gli veniva iniettato.
Donna mediterranea!

Giulia Maggiore (39 a.C.-14 d.C.)
È la figlia di Augusto; il padre la tratteggia amorevolmente pur conoscendo la sua immoralità:

«…sentii le sue braccia affettuose e ingannevoli intorno al collo e le sue morbide labbra plocamarmi il loro amore pressate contro la mia guancia».
(Augusto, Autobiografia, Newton Compton Editori, 1988)

È la donna mediterranea che rappresenta l’immagine di una donna utilizzata come pedina politica di Augusto, poi ricordata dalla storia come donna dalla condotta immorale; infatti, nonostante la rigida educazione impartita dal padre, tenne un comportamento libertino che indusse l’imperatore ad esiliarla nell’isola di Pandataria, l’odierna Ventotene.

Faustina Minore (120-175 d.C.)
Figlia dell’imperatore Antonino Pio e moglie di Marco Aurelio, madre dell’imperatore Commodo, ricordata dalle fonti come

FAVSTINA AVGVSTA / MATRI CASTRORVM
La madre di tutti i soldati delle frontiere dell’impero

Cioè, madre protettrice, benefattrice dell’elemento che si sta configurando come fondamentale per la salvaguardia dell’impero, i castra come accampamento. Modello di comportamento per le donne della buona borghesia, da italica cittadina e provinciale, che si ispirano alle donne Auguste; modelli cosmopoliti.

Giulia Domna (160-217 d.C.)
Moglie dell’imperatore Settimio Severo, madre degli imperatori Caracalla e Geta, donna di raffinata cultura greca, amante della letteratura e delle sottigliezze della sofistica. Era una principessa siriana sposata da Settimio Severo, africano, nativo di Leptis Magna e simboleggia il matrimonio come fonte di integrazione dai Latini sposati con le Sabine a un Africano marito di un’Orientale.

«IVLIA – AVGVSTA / MATRI CASTRORVM»

L’importanza del matrimonio tra stirpi diverse fu un attore decisivo per l’entrata in scena delle donne imperiali; esse, infatti, aggiunsero fin dal V secolo una posizione che sosteneva in modo legittimante la posizione dei propri mariti. Il matrimonio costituiva uno spazio per l’azione politica femminile anche se questa fu una caratteristica più orientale che occidentale; in Occidente, infatti, le varie crisi militari favorirono una leadership maschile mentre in Oriente la stabilità politica offrì un ampio spazio di potere alle donne (Chris Wickham, L’eredità di Roma, 2010). Le donne avranno spazio in Occidente, tale spazio femminile per una maggiore presenza sulle decisioni politiche sarà disponibile con i longobardi.

Zenobia (240-274 d.C.)
Donna mediterranea di grandi ambizioni e capacità politiche, alla pari di Cleopatra; creò il Regno di Palmira indipendente dall’impero romano.
Donna guerriera, strategica, capace di sconfiggere il potere costituito.

Ipazia (360-415 d.C.)
È l’archetipo della donna mediterranea bella, intelligente, matematica, astronoma e filosofa. È la donna vittima della conflittualità del potere, tra cristianesimo e paganesimo, tra intolleranza culturale e religiosa, tra fanatismo, violenza e bestialità. Ipazia, dopo Platone e Plotino, è l’ultima esponente del platonismo che ha passato la fiaccola della cultura alle generazioni successive al V secolo; l’alessandrina aveva un livello di cultura così elevato da essere superiore ai filosofi contemporanei; la sua cultura era tale che aveva una magnifica libertà di parola e di azione e veniva rispettata per la sua saggezza.
Quello di Ipazia è il modello della donna mediterranea sapiente, colta e raziocinante; lei e Galla Placidia sono le due donne mediterranee all’alba del Medioevo ove fioriranno tante altre donne portatrici di cultura.

Galla Placidia (388-450 d.C.)
Figlia di Teodosio il Grande, imperatrice romana. Donna bizantina di grande cultura e capacità di gestione politica dei grandi eventi storici in cui fu coinvolta; si distinse peraltro in una intensa attività edilizia con la costruzione di chiese nell’impero. Donna nobilissima come recita l’iscrizione in una epigrafe:

D(ominae) n(ostrae) Galla/ e Placidi/ae n(obilissimae) p(uellae)

Licinia Eudossia (422-493 d.C.)
Nutrì anch’essa straordinari interessi culturali per l’edilizia religiosa di Costantinopoli e Roma; mostra una forte inclinazione al desiderio di fare, di focalizzare le proprie energie con l’edificazione di diversi edifici religiosi; sia a Roma che a Costantinopoli realizzò tra l’altro la basilica di San Pietro in Vincoli per ospitare le catene che ˗ secondo la tradizione ˗ erano state utilizzate nel carcere mamertino per imprigionare san Pietro; mentre invece a Costantinopoli costruì la chiesa di Sant’Eufemia. Era un periodo in cui la donna mediterranea si mostrava con la sua fede cristiana; un’immagine dei tempi passata alla storia con volti femminili.

Anicia Giuliana (462-527 d.C.)
È viceversa una donna mediterranea che emerge come figura di primo piano nella vita culturale e religiosa della Costantinopoli dei primi anni del VI secolo; è stata capace di disegnare una propria personalità per il suo impegno nell’architettura e letteratura del periodo; lei si afferma come mecenate nella costruzione della basilica di San Polieucto, la chiesa più grande di Costantinopoli prima della costruzione di Hagia Sophia. Il mecenatismo è una di quelle quei modelli culturali figurativi di tante donne mediterranee.

Ma il modello di donna romana sarà anche quello di donne di grande ricchezza che esibiranno con grande sfarzo gli ornamenta personali e attueranno evergetismo per favorire la carriera dei propri mariti; la donna quindi con un ruolo diverso dal tradizionale ma molto affermato nella società; molte però lasceranno una immagine negativa di sé.

Teodora (500-548 d.C.)
È la figurazione di una donna mediterranea dalla giovinezza lussuriosa, attrice e prostituta che riuscì a sedurre l’imperatore Giustiniano, divenendone sua moglie; da imperatrice suggerì al marito soluzioni dei diversi problemi politici legati al trono stabilizzandone il potere fino alla sua morte; è l’immagine di una donna dalla vita avventurosa nel passato ma, arrivata al potere, impegnata nell’arte e nell’edilizia cristiana con la costruzione di Hagia Sofia e della Basilica di San Vitale a Ravenna.

Irene (752-803 d.C.)
Imperatrice bizantina, donna capace di gestire grandi eventi storici; di grande cultura che utilizzò per lo sviluppo delle arti e della letteratura.

Anna Comnena (1083-1153)
È l’immagine di donna bizantina colta nella poesia, nella retorica, nella scienza e filosofia greca; fiera oppositrice della Chiesa latina, poco conformista, di carattere ambizioso, inclina all’intrigo e disponibile a conquistare potere e fama superando ogni limite. Rappresenta il pensiero orientato all’azione. Una descrizione del suo pensiero la fornisce direttamente lei nell’Alessiade, una lunga cronaca della vita e del regno di suo padre l’imperatore bizantino Alessio:

«Il Tempo, nel suo scorrere perpetuo e irresistibile, trascina via con sé tutte le cose create, e le sprofonda negli abissi dell'oscurità, siano esse azioni di nessun conto o, al contrario, azioni grandi e degne di essere celebrate, e pertanto, come dice il grande poeta tragico, "porta alla luce ciò che era nascosto e avvolge nell'oscurità ciò che è manifesto [Sofocle]". Ma il racconto dell'indagine storiografica è un valido argine contro il fluire del tempo, e in certo modo costituisce un ostacolo al suo flusso irresistibile, e afferrando con una salda presa quante più cose galleggiano sulla sua superficie, impedisce che scivolino via e si perdano nell'abisso dell'Oblio».
L’immagine raccolta della donna mediterranea nel periodo di indagine considerato è quella che raccoglie una figura rappresentativa sia dei costumi e valori tradizionali, sia di condotte dirompenti i classici equilibri del potere, sia di espressioni di grande cultura filosofica e scientifica (Ipazia); alcune di esse hanno addirittura scritto la storia in prima persona (Zenobia), altre in ombra ne hanno determinato l’indirizzo; donna mediterranea certamente non incolta o sottomessa; donna che si impone col sacrificio di sé stessa (Antigone), che pretende un suo ruolo politico (Porcia) e che non vuole nascondere la propria immagine femminile usando la sua bellezza, ricoprendosi di gioielli o praticando l’amore senza vergognarsene come Sulpicia. Alcune hanno avuto una personalità eccezionale e hanno tentato di rompere le barriere di un destino decisamene segnato dagli uomini (Cleopatra); diverse donne comuni sono state le pedine del potere (Giulia) che le utilizzava per alleanze politiche, altre hanno scatenato una guerra per la loro bellezza e diverse di esse sono riuscite là dove gli uomini hanno fallito.
La donna mediterranea è forse immagine unica rispetto a differenti figure femminili appartenenti a culture dissimili ove non si è avuta la possibilità per i vari tipi mediterranei di attingere allo stesso mito, alla stessa storia ed alla stessa cultura.






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