Il senso del limite, 6 June | Event in Parma | AllEvents

Il senso del limite

Festival della Lentezza

Highlights

Fri, 06 Jun, 2025 at 06:00 pm

1 hour

Piazzale San Francesco

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Date & Location

Fri, 06 Jun, 2025 at 06:00 pm to 07:00 pm (GMT+02:00)

Piazzale San Francesco

Piazzale San Francesco, Parma, Italy

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Il senso del limite
Emma Nicolazzi Bonati dialoga con Michele Serra

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Credo di non avere mai scritto e letto la parola “limite” così tante volte come negli ultimi anni. Così tante che rischio di averla in antipatia, come capita con le parole troppo usate. Eppure, non c’è sinonimo o perifrasi che possa rimpiazzarla. Limite è una parola implacabile, vuol dire “oltre non si può andare”, a partire dal limite più noto e spiacevole, che è la fine della vita.

Limes ha origini agrimensorie e militari, ma è poi passato a indicare qualcosa di profondo e di importante nella vita individuale così come in società. Il senso del limite coincide, per (quasi) tutti noi, con l’idea che non tutto ci è consentito, che il rispetto degli altri pone evidenti limiti ai nostri comportamenti. Abbiamo dei limiti, c’è un limite a tutto, quel bullo ha superato ogni limite, eccetera. Ogni forma di educazione prevede, tra i passaggi più difficili, la necessità di insegnare ai piccoli che ci sono dei limiti: il loro naturale (e commovente) sentimento di onnipotenza, di libera espansione, di libertà sfrenata, prima o poi dovrà fare i conti con l’esistenza degli altri. Si nasce smisuratamente liberi, si cresce prendendo atto che non è completamente vero. Mica facile, come nozione.

In questo preciso momento della storia umana quel concetto è diventato, almeno così mi sembra, il vero oggetto del contendere della politica e dell’economia, e anche di qualcosa di più della politica e dell’economia. Porre dei limiti al potere – a partire dalle auree intenzioni di Pericle l’ateniese – è l’essenza di ciò che chiamiamo democrazia. E se ci siamo arrivati abbastanza vicino solo da un paio di secoli, dopo due o tre millenni di autocrazia, teocrazia, dittatura, assolutismo, vuol dire che ci è voluta una gran fatica. Perché pretendere illimitato il proprio potere, quello politico e quello economico, è l’obiettivo degli autocrati, degli straricchi e, per dirla con semplicità quasi infantile, dei prepotenti.

Di quelli che tendono ad allargarsi troppo, a prevaricare sugli altri, a non tenere conto – appunto – dei limiti che sono stati tracciati a salvaguardia della libertà e del diritto di tutti. È questo il vero grande punto di tensione, in buona parte del mondo. La democrazia pretende il limite, su quello si fonda. Non solo la socialdemocrazia, che ha o dovrebbe avere l’evidente scrupolo di tutelare la maggioranza della società dall’ingordigia di pochi; anche la democrazia liberale, che pure tiene in grande conto l’intraprendenza di ciascuno e valorizza l’iniziativa privata, però dentro una cornice di leggi e regole accettate da tutti. Entro limiti ben definiti. Per questo, precisamente per questo, Putin, Trump, Musk odiano la democrazia. Perché dove prevale la democrazia, muore la loro arroganza.

Bene. A questo punto vi sarete fatti l’idea che io mi senta dalla parte del limite: ed è un’idea giusta, perché odio i prepotenti, amo i rispettosi. Ma è un’idea incompleta. Perché il mio omaggio al limite è incrinato da un dubbio importante. Penso, anzi scopro ogni giorno, che il senso del limite ha un difetto (lo stesso difetto della democrazia?). Nella sua capacità di accettazione, nel suo stoicismo, nella sua cognizione che esiste una giusta misura, e il resto è smisuratezza che porta alla rovina e alla guerra, il senso del limite contiene il germe della rassegnazione. Non è entusiasmante, non indica qualcosa di sconosciuto da raggiungere, esclude l’utopia, la straordinarietà, il colpo di vita. Non produce adrenalina, il limite, se non nel desiderio del suo superamento.

L’elogio del limite è tipicamente “da vecchi” che non riescono a toccare il cuore dei più giovani. È un ottimo punto di arrivo, non può essere una base di lancio, è un luogo di approdo (decoroso, anche ammirevole), ma non ha la spinta propulsiva dell’inizio. Va bene crescere, ma rinchiudere quella bestia che siamo in un bozzolo di saggezza riesce davvero a esprimere “il senso della vita”?

Ci sono, tipicamente, anche limiti da scavalcare se non da distruggere, pensate a certe frontiere, pensate al Muro di Berlino che fu uno dei supremi monumenti alla ottusità umana, pensate al pregiudizio e al conformismo, che limitano lo sguardo fino alla cecità. Pensate all’ingegnosa avventura dei nostri simili con gli impedimenti più vari (malattie croniche, amputazioni, blocchi motòri) che con i loro limiti combattono ogni giorno, e non se ne lasciano condizionare – uno lo incontro spesso, sulla sua handbike, che sfreccia lungo la mia stessa strada, rasoterra, invincibile, sembra un Mas sull’asfalto: prova a dirglielo, a uno così, che deve accettare il limite…

E dunque? E dunque non è facile giocarsela, tra la realtà e il sogno, tra il senso del limite e la grande emozione che ci dà andare più in là con lo sguardo. Benigni ha intitolato “Il Sogno” il suo acceso, bellissimo monologo sull’unità europea, così che fosse ben chiaro che ne siamo paurosamente lontani, dall’unità europea. E così da non dimenticare che per vivere dobbiamo anche sognare. Sognare, beninteso, qualcosa che non c’è, perché le cose che già abbiamo sono importanti (la democrazia importantissima, e per niente scontata), ma se smettiamo di immaginarne di nuove, e di diverse, il presente diventa una gabbia. Un limite soffocante.


Voi, per esempio: sognate ancora? E che cosa sognate?


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