A un anno dalla morte di Oussama Darkaoui. Aggiornamenti dal CPR di Palazzo San Gervasio

Il 5 agosto del 2024 Oussama Darkaoui, ragazzo marocchino di soli 22 anni, è morto, schiacciato dal dispositivo disumano dei centri di detenzione per persone migranti. Oussama è l’ennesima vittima di un sistema dove l’abuso e la violenza sono strutturali, dove ogni protesta contro le condizioni inumane di vita – cibo immangiabile, abuso di psicofarmaci per sedare le persone detenute, isolamento – incontra una repressione spietata. Proprio il 9 agosto scorso, mentre si teneva un presidio in solidarietà con le persone recluse e in ricordo di Oussama a un anno dalla sua morte, all’interno del CPR di Palazzo San Gervasio una nuova rivolta veniva repressa con violenza dalle forze dell’ordine.

Fin dagli anni 90 l’arcipelago detentivo dei centri di detenzione ed espulsione cattura le persone migranti nel limbo della detenzione amministrativa, in luoghi di tortura relegati in zone isolate e nascosti agli occhi del resto della società, dove la morte o il suicidio sono l’effetto di un sistema che schiaccia il corpo e l’animo delle persone recluse, dove l’isolamento punitivo è pratica quotidiana, dove la violenza della repressione è senza mediazioni, dove l’abuso di psicofarmaci è funzionale a sedare e gestire qualsiasi forma di dissenso e ribellione. Luoghi che però, dall’altro lato, costituiscono un’enorme business per gli enti che se ne aggiudicano la gestione e che macinano profitti sulla pelle delle persone recluse. Un sistema, quello dei CPR, che è l’espressione più feroce del razzismo di stato, funzionale alla marginalizzazione e illegalizzazione delle persone in movimento.

Solo le lotte e le rivolte all’interno, e la solidarietà all’esterno, possono distruggere le mura dei centri di detenzione. Insieme a compagne e compagni dell’assemblea lucana No CPR parleremo della situazione del centro di Palazzo San Gervasio a Potenza e delle mobilitazioni in solidarietà con la lotta delle persone detenute al suo interno.