Mercoledì 10 dicembre appuntamento a Su Tzirculu con il penultimo Cinemino del 2025: ci vediamo alle 20.30 con "L'ora del lupo" (1968) di Ingmar Bergman, non mancate!
C’è un momento, nella notte, in cui il mondo sembra sospeso ad un filo sottilissimo: gli esseri umani dormono, le ombre respirano e ciò che normalmente riusciamo a ricacciare nei corridoi della mente torna a reclamare il suo spazio. Bergman lo chiama l’ora del lupo: l'ora in cui si nasce e si muore, in cui gli insonni sono tormentati dalle loro più profonde paure, i fantasmi e i demoni sono più potenti e il cuore sembra battere contro ciò che teme di più.
La trama è un pretesto, come spesso accade nel cinema bergmaniano: un pittore e la sua compagna si ritirano su un’isola con l’illusione di trovare quiete, ma invece si ritrovano a convivere con un inquietante apparato di visioni, presenze e memorie che riaffiorano come creature attirate dalla solitudine.
Max von Sydow interpreta l’artista come un uomo trafitto dalle proprie immagini: ogni visione che lo tormenta sembra uscita da un quadro che ha tentato di dipingere, o che avrebbe potuto dipingere se non ne fosse stato travolto. L'arte in questo film fa un processo inverso: non scaturisce dall'interiorità del protagonista, ma è proprio la sua interiorità che lo reclama, che lo giudica, che lo insegue. Nella costruzione bergmaniana, il genio non è vocazione ma fatica, quasi una maledizione che chiede un tributo costante.
Accanto a lui, Liv Ullmann scolpisce una figura femminile di straordinaria complessità emotiva; non è semplicemente la “moglie del genio”, ma è il contrappunto, la presenza che regge il silenzio e ne interpreta i segnali: la sua vulnerabilità è attiva, mai ornamentale, è la capacità di stare accanto a chi sprofonda senza smettere di interrogare la propria parte nella frattura.
In questo senso, il film mette in scena anche la dimensione invisibile del lavoro emotivo dei rapporti umani, in questo caso nella coppia, dove la cura a volte contiene e a volte consuma.
L’isola dove i due vivono è il terzo personaggio, uno spazio mentale più che geografico, un organismo vivente: il frangersi delle onde, la roccia tagliente, la luce che trapassa i corpi come un pensiero troppo forte. Lì, nell’ora più vulnerabile della notte, tutto diventa confessione, e il film diventa una domanda che non osa risposte: quanto possiamo guardare dentro di noi senza smarrirci?
Le apparizioni, gli ospiti, i volti distorti che popolano le allucinazioni del protagonista non sono spiegati, ma non è una mancanza, è un manifesto: Bergman rifiuta la distinzione tra reale e irreale perchè entrambe le dimensioni sono vere ma soprattutto, nel cinema, vero è semplicemente ciò che ci fa male.
"L'ora del lupo" è quindi un film sulla soglia, è l’istante in cui potremmo scegliere se affrontare ciò che ci abita oppure soccombere alla sua forma: dentro ognuno di noi esiste un’immagine che non vogliamo vedere, un volto che preferiremmo non riconoscere, un’ora notturna in cui tutto ciò che abbiamo relegato ai margini torna a reclamarci.
E Bergman, con la sua lucidità crudele e compassionevole, mette in scena la paura ancestrale di essere attraversati dall’altro, di perdere il controllo sulla propria rappresentazione, di scivolare in quella zona in cui l’identità si sfalda e rimangono solo i tremori dell’inconscio, ma soprattutto ci invita a sostare proprio lì, in quella soglia fragile dove l'esistenza, l’arte e la paura condividono la stessa voce.
You may also like the following events from Su Tzirculu:
Also check out other
Entertainment events in Cagliari,
Arts events in Cagliari.
