N.B. In caso di maltempo l'evento è confermato e si svolgerà nel medesimo luogo al chiuso.
Ogni anno il 25 luglio in tutta Italia - e non solo - si svolge la Pastasciutta Antifascista in ricordo della pastasciutta che il 25 luglio 1943 la famiglia Cervi offrì agli abitanti di Campegine (RE) per festeggiare la caduta di Mussolini. L'evento celebra anche la memoria dei sette fratelli Cervi, fucilati dai fascisti nel dicembre del 1943.
Accompagnati da canti popolari tradizionali, dalla musica dalle Marche, tradizionale e riproposta, del gruppo Mentùa, in una serata di condivisione, confronto e.. pastasciutta per tutti!
Dalle ore 19.00, presso il Centro Ricreativo Auser «Il Bucaneve», P.le Polzonetti n. 4, Camerino (MC).
E’ fortemente consigliata la prenotazione: invia un messaggio whatsapp al numero 324 5592771 con nome e numero partecipanti.
Per informazioni:
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Riportiamo un brano tratto da “I MIEI SETTE FIGLI”, Alcide Cervi, 1955:
"Il 25 luglio eravamo sui campi e non avevamo sentito la radio. Vengono degli amici e ci dicono che il fascismo è caduto, che Mussolini è in galera. È festa per tutti. La notte canti e balli sull’aia. Dovevano cadere così. Sembrava chissà che, e sono caduti con uno scherzetto. Ma è perché mentre loro parlavano di impero e costruivano propagande, il popolo faceva come Forbicino, e tagliava tagliava, finché tutto il castello era posato sull’aria, e molti non se ne accorgevano, e dicevano: che bel castello. E invece era tutta finzione e vergogna. Facciamo subito un gruppo di contadini e andiamo a Reggio, per la strada tutti si aggiungono e la colonna diventa un popolo. Ognuno sembrava che aveva vinto lui, e questa era la forza. Ci sentivamo tutti capi di governo. Arriviamo sotto le carceri di San Tomaso e chiediamo la liberazione dei fratelli antifascisti. Si aprono le porte ed escono i patiti, i sofferenti, i testardi antiregime, i controcorrente, quelli insomma che avevano misurato col cervello dove andava veramente la corrente sotto l’increspata. Hanno barbe e occhi frizzanti, ci abbracciano e sono tutt’ossa, altri invece sono grassi e acquosi, andati a male nel buio. Ma il piacere è breve, perché bisogna pensare alla situazione. È Aldo che ci ricorda la frase di Badoglio: «la guerra continua a fianco dei tedeschi». I rospi verdi infatti ci guardano da fermi e sembra che aspettino. Ma è pure Aldo che ci dice di far esplodere la contentezza, intanto si vedrà. E propone: – Papà, offriamo una pastasciutta a tutto il paese. – Bene – dico io – almeno la mangia. E subito all’organizzazione. Prendiamo il formaggio dalla latteria, in conto del burro che Alcide Cervi si impegna a consegnare gratuitamente per un certo tempo quanto basta. La farina l’avevamo in casa, altri contadini l’hanno pure data, e sembrava che dicesse mangiami, ora che il fascismo e la tristezza erano andati a ramengo. Facciamo vari quintali di pastasciutta insieme alle altre famiglie. Le donne si mobilitano nelle case intorno alle caldaie, c’è un grande assaggiare la cottura, e il bollore suonava come una sinfonia. Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore. Guardavo i miei ragazzi che saltavano e baciavano le putele, e dicevo: – beati loro, sono giovani e vivranno in democrazia, vedranno lo Stato del popolo. Io sono vecchio e per me questa è l’ultima domenica. Ma intanto la pastasciutta è cotta, e colmiamo i carri con i paioli. Per la strada i contadini salutano, tanti si accodano al carro, è il più bel funerale del fascismo. Un po’ di pastasciutta si perde per la strada per via delle buche, e i ragazzoli se la incollano sotto il naso e sui capelli. Arriviamo a Campegine tra braccia di popolo e scarichiamo la trattoria. Una dice: – mettiamoli tutti in fila, per la razione. Nando interviene: – Perché? Se uno passa due volte è segno che ha fame per due. E allora pastasciutta allo sbrago, finché va. Chi in piedi e chi seduto, il pranzo ha riempito la piazza grande, e tutti fanno onore alla pastasciutta celebrativa. Ma si avvicinano i carabinieri, e vogliono disperdere l’assembramento. Gelindo si fa avanti e dice: – Maresciallo, rispondo io di tutta questa gente. Accomodatevi anche voi. E i carabinieri si mettono a mangiare. Intanto i fascisti erano spariti come scarafaggi nei buchi. Altri fascistelli buttano le camicie nere, uno invece se la vuole tenere. Dice che ha poche camicie e quella gli fa comodo. Agostino ci si mette a discutere: – se proprio ti serve, vedi a che punto ti ha ridotto il fascismo, se invece è una scusa, tientela lo stesso, perché anche le tarme vogliono la loro festa. Il fascista rimase di gesso e butta la camicia.."
La Resistenza dei Cervi si conclude il 28 dicembre 1943, quando i sette fratelli vengono trascinati di fronte al plotone di esecuzione.